I giorni successivi trascorrono molto piacevolmente e tranquillamente. L’Havana si rivela essere una città tanto bella quanto calda e che esploriamo girando quasi sempre a piedi nascondendoci in qualche bar all’aperto alla ricerca di un pò di frescura quando le temperature diventano insostenibili.
All’Havana non hanno ancora scoperto l’uso della tanto amata-odiata aria condizionata. Anche i centri commerciali (ne abbiamo trovato uno che, forzando un pò la mano, si potesse definire così) sono fornaci nelle quali muoversi diventa una sfida ai limiti delle capacità del corpo umano.
E’ una rara – se non unica – eccezione l’Hotel Nacional de Cuba, un bellissimo Hotel a 5 stelle che andammo a visitare il terzo giorno delle nostre visite cubane.
Come ogni altro giorno la temperatura esterna rasentava i 35° C ma all’interno della costruzione ci aspettava un piacevole 10° C.
Una delle regole del viaggiatore minchione ( © Vagabonding) insegna che i bruschi cambi di temperatura possono essere nocivi ai nostri pancini ma tanta era la gioia di poter stare qualche minuto senza grondare sudore che – a momento – ci preoccupammo poco di questa cosa.
Usciti dall’Hotel decidemmo di andare a vedere la gelateria Coppelia. Coppelia è il marchio di una catena di gelaterie molto popolari a Cuba. Quella dell’Havana sorge in un enorme parco disseminato di migliaia di tavolini, ombrelloni e punti ristoro dove prendere un gelato servito in coppette di plastica. Come molte cose a Cuba i turisti sono separati dai cubani e così ci ritrovammo seduti in una zona periferica del parco.
Sarebbe stata una piacevole pausa se il mio pancino, messo a dura prova dal brusco cambio di temperature di cui sopra, non avesse incominciato a reclamare a gran voce un rapporto intimo con un Trono di Ceramica. Per sua (e mia) sfortuna la giornata era bella e così la gelateria-parco era strazzeppa di gente che, oltre consumare gelati, occupava i bagni (chiamare bagno quattro tavole di legno che nascondono un buco forse è un pò esagerato …)
Facendo uso di avanzatissime tecniche di controllo Zen, comunque, riuscii a calmare il pancino e – anzi – tanto fu il successo che decisi – inconscientemente – di prendere anche io il gelato.
Fu quella la mossa più furba della mia vita: pochi minuti dopo averlo finito il desiderio che prima era forte era diventato impellente tant’è che salutati bruscamente i miei amici corsi in strada alla ricerca di un taxi con l’unico pensiero in testa di ritornare all’albergo (casa era troppo lontana).
La fortuna volle che in strada era pieno di taxi e che il traffico fosse leggero cose che mi consentirono di arrivare all’Hotel contenendo a stento una pressione intestinale di parecchie decine di atmosfere e raggiungere il bagno che mi apparve come la Terra Promessa per Mosè.
Quello che accadde dopo non è adatto alle vostre tenere e impressionabili menti vi basti solo sapere ancora oggi, ogni sera, accendo un cero all’albergo per ringraziarlo di essere stato lì nel momento del bisogno!
7 commenti su “Freddo infame”
Dirò solo una cosa… Cite Universitaire… 😯
Bravo hai fatto buona esperienza… 😛
Più che freddo infame mi sembra la fame portata dal freddo 😛
@ Raksati : tu sei il Grande Maestro e nessun Intestino può pensare di competere con il tuo! 😛
@ Nemo : come dire che mangiando gelati la fame aumenta? 😯
Mi sarebbe piaciuto vederti nella stessa situazione sul monte Sinai… Io ho ancora gli incubi 🙄 😳
Dopo che sono passato io hanno dovuto demolire l’Hotel … 🙄
Oggi 16 novembre: ti va un gelato? 😈
Ora mangio solo roba molto secca!
Hai un panino alla segatura? 😐