Lasciata Kunming con il solito treno notturno giungiamo all’alba del giorno dopo a Kaili, piccola cittadina senza particolari pregi se non quello di essere ad un tiro di schioppo da Xijiang, un paesino arroccato tra i monti e abitato per la maggior parte da cinesi appartenenti alla minoranza etnica Miao.
Appena arrivati decidiamo di andare a fare visita alla sede locale del CITS, ovvero l‘ufficio del turismo cinese, nella speranza di ricevere qualche dritta su come arrivare al villaggio Miao e, soprattutto, su come raggiungere le risaie. Arrivati con un taxi nella via indicata dalla guida ci troviamo nel grosso cortile di un albergo ma degli uffici del CITS nessuna traccia. Dopo aver girato per un pò notiamo un gruppetto di bassi edifici dall’altro lato di un campo di tennis e scopriamo che tra questi si nasconde il minuscolo ufficio del CITS. Cantiamo, però, vittoria troppo presto: nell’ufficio c’è solo una ragazza che non spiccica una parola di inglese ma che ci mette in contatto telefonico con il titolare il quale ci fissa un appuntamento per il giorno dopo.
Non sapendo dove andare ad alloggiare ci affidiamo ai consigli della guida che ci suggerisce un albergo al centro. Scesi dal taxi davanti all’edificio entriamo in una hall deserta e dalle pareti annerite dal fumo e seguendo uno stretto corridoio arriviamo ad un ascensore dove selezionando un piano a caso finiamo all’interno di un ristorante. Proviamo a chiedere informazioni ad alcune cameriere e alla fine una di queste, una ragazzetta giovane con nessuna conoscenza dell’inglese, ci invita a gesti a seguirci.
Usciamo dall’edificio e attraversata la strada e percorsi alcuni metri entriamo in un lussuoso albergo alle porte del quale la ragazza ci saluta e se ne va. L’albergo è molto bello e i prezzi, al solito, bassi per cui decidiamo di prendere una stanza.
Prima di ritirarci nella nostra camera incontriamo, però, un ragazzo italiano anche lui in partenza per Xijiang. Il ragazzo ci racconta di essere un fotografo che aveva lasciato le sue (poche) cose in albergo per fare un giro di qualche giorno dei dintorni senza doversele portare appresso e che ora era tornato indietro per recuperarle e andare anche lui a visitare il villaggio Miao. Ci racconta, inoltre, che anche lui era finito nel nostro primo albergo e che era così mal ridotto perchè qualche mese prima era andato a fuoco.
Lasciato il nostro bagaglio in stanza andiamo con il nostro nuovo amico alla stazione dei pullman, prendiamo il biglietto e passiamo l’oretta che ci separa dalla partenza facendo colazione in una specie di pasticceria locale.
Dopo poco arriva l’ora di partire e tornati alla stazione dei pullman saliamo su un piccolo mezzo malridotto che incomincia la sua lunga corsa sulle tortuose strade di montagna portandoci, dopo poco più di un’ora, alle porte del villaggio Miao. Qui ci viene fatto pagare un biglietto di ingresso e successivamente scopriamo che il pullman sarebbe partito nuovamente per Kaili nel primo pomeriggio per cui decidiamo di cercare una alternativa per tornare. Un giovane ragazzo cinese, di passaggio alla stazione, comprende le nostra difficoltà e ci aiuta a fissare telefonicamente un appuntamento con un tassista per le 18 dello stesso giorno.
Finalmente ci addentriamo nel villaggio, una grossa strada lo attraversa lasciando una fila di case sulla sinistra oltre le quali scorre un bel fiume e un’altra sulla destra dietro le quali cresce una ripida montagna. Alcune case si trovano arrampicate anche sulla parete rocciosa separate le une dalle altre da alcune rare risaie.
Percorrendo la via arriviamo al lato opposto del villaggio dove è in corso una cerimonia di benvenuto per i turisti arrivati dall’altro ingresso. Parecchie decine di cinesi in costume tipico sono disposti ai lati della strada, donne giovani e meno giovani indossano strani copricapi che sembrano lampadari di cristallo facendo da ali al gruppo di accoglienza capeggiato da un vecchio cinese che offre grappa di riso a tutti i nuovi arrivati.
Mentre mi aggiro tra la folla a fare foto vengo fermato più volte da vari cinesi in costume che mi offrono la grappa che, dopo 4 bicchieri a stomaco vuoto, incominciano a fare il loro effetto.
Il pomeriggio scorre velocemente esplorando e visitando il villaggio e mangiando degli splendidi ravioli in un piccolo angoletto a ridosso del fiume.
A sera il nostro tassista non si vede così entriamo in un albergo e con molta difficoltà ne arruoliamo un altro che 40 minuti dopo ci lascia a Kaili dove andiamo a cenare in un vicolo buio mentre grossi toponi ci corrono tra i piedi.
Il giorno dopo torniamo al CITS ma la persona con cui avevamo appuntamento non ci è d’aiuto e così alla fine, senza un piano ben preciso, decidiamo di partire a metà mattinata con un pullman per Conjiang e di pianificare il resto del percorso in viaggio.
2 commenti su “Xijiang : l'Etnia dei MIAO e la grappa devastante”
Ma chi te lo fa fare ???? I viaggi della speranza…
🙂
Non c’è cosa più sopraffina di un bel viaggio in Cina … 😉