Il viaggio per Congjiang è allucinante. Il bus è minuscolo e la strada tuortosissima. Per terra, nel bus, ci sono dei secchi che questa volta non sono rovesciati per farci sedere il surplus di viaggiatori, ma girati con l’apertura verso l’alto. Una simpatica vecchina, che farà solo una parte del viaggio con noi, provvederà a riempirne la maggioranza. Solo concentrandomi intensamente su un film cinese proiettato su un minuscolo schermo appeso al soffitto alla fine del bus riesco a non aiutare la vecchina nel suo vomitevole lavoro.
A circa metà del viaggio facciamo una fermata in un piccolo e anonimo paesino. Il ristorante – un grosso salone con mobilia scompagnata – è incasinatissimo ma la cucina sembra ottima. Decidiamo con molto dispiacere, però, di non provarla per paura di rimettere tutto a causa delle curve che pensiamo di incontrare nel proseguo del viaggio.
Ripreso il viaggio le curve sembrano diminuire finchè, ad un certo punto, l’autista si ferma in un paese di tre case e ci fa capire che dobbiamo scendere. Chiediamo, mostrando sulla guida il nome cinese di Congjiang, se è proprio questa la città. Siamo molto dubbiosi perchè Congjiang dovrebbe essere una grossa città ma quello che vediamo sono 3 case sparpagliate.
L’autista insiste e un occidentale che parla anche cinese ci conferma che dobbiamo scendere. Alla fine cediamo e scarichiamo i bagagli dal bus per ritrovarci, una volta ripartito, soli nel nulla. Dopo aver camminato un pò arriviamo ad un piccolo emporio e proviamo ad interrogare il proprietario per capire dove ci troviamo. Indichiamo al solito il nome cinese di Congjiang sulla guida e poi il pavimento e il tizio, scuotendo la testa, ci fa capire che la città non è questa. Chiama quindi il figlio e ci fa capire di seguirlo. Dopo un pò di camminata arriviamo su un ponte e il ragazzino ci abbandona senza dire nulla.
Fermi sul ponte, circondati da foreste e poco altro e con l’arrivo della sera, meditiamo che forse l’albergo per quella notte sarà la riva al fiume che si trova poco più in basso … Mentre pensiamo a questa soluzione estrema vediamo un piccolo bus prendere una strada laterale che si inerpica in un’altra minuscola zona abitata che prima ci era sfuggita e decidiamo di corrergli dietro arrivando, così, in un tratto di strada dove alcune persone sono ferme come se aspettassero la corriera. Grazie ad una ragazza cinese con qualche conoscenza dell’inglese scopriamo che dobbiamo prendere una coincidenza per Congjiang che passa proprio da lì e, dopo un pò di attesa, arriva effettivamente un altro bus sul quale saliamo con un sospiro di sollievo.
Arriviamo finalmente a Congjiang e ci sistemiamo in un piccolo (e abbastanza bruttarello) albergo a 1 stella nelle vicinanze del posto dove ci ha lasciato il bus. Non ci interessa cercare di meglio poichè si tratta solo di una sosta per una notte prima di procedere, la mattina dopo, con il viaggio. Sistemati i bagagli esploriamo la città in cerca di cibo ma non troviamo nulla forse a causa della zona periferica dove ci troviamo o forse per l’ora tarda finchè, nel nostro girovagare, arriviamo davanti ad un negozio della CHINA MOBILE dove una giovane ragazza cinese ci suggerisce un ristorante dove pappare. Non è facile da spiegare come arrivarci per cui ci suggerisce di prendere un taxi al quale dirà poi lei la via ma i taxi non passano e dopo un pò decide di darci lei uno strappo al ristorante con la sua auto. Il ristorante non è molto buono e farsi capire è difficile ma alla fine della cena vediamo passare il cameriere, diretto ad un altro tavolo, con un piatto su cui fa bella mostra di sè una piccola montagna di ghiaccio tritato ricoperto di azukiW, frutta e qualche sciroppo e decidiamo di provarlo anche noi. E’ il patbingsu, dessert di cui ci innamoreremo pazzamente!
La notte scorre tranquilla e il mattino dopo partiamo finalmente per Sanjiang, tappa successiva verso le agognate risaie.