Tutto ebbe inizio eoni fa quando ancora frequentavo la Scuola Media Statele Alessandro Severo. Quell’estate il mio compagno di banco andò in vacanza a Palermo e, conoscendo i miei gusti per i racconti dell’orrore, mi mandò una cartolina in tema. La cartolina ritraeva quello che – all’epoca – identificai con uno zombie ma che, più semplicemente, era uno scheletro vestito con abiti eleganti e conservato nelle Catacombe dei CappucciniW di Palermo.
Dovettero passare un bel pò di anni perchè riuscissi a togliermi lo sfizio di andare a vedere “la stranezza” di persona. Nel 2005, infatti, partecipai alla presentazione di un poster dal titolo “E-learning for all – Accessibility of online courses” alla International Conference on Methods and Technologies for Learning (ICMTL 2005) e appena venni a sapere della vicinanza dell’albergo con l’ossario dei Cappuccini la curiosità che fino ad allora era rimasta sopita nella mia mente, ritornò prepotentemente a galla.
Probabilmente le cose sarebbero andate molto diversamente se invece dell’albergo fossimo andati ad alloggiare in un agriturismo a Palermo come inizialmente gli organizzatori, per comodità dei conferenzieri, avevano proposto ma le cose non erano andate così e i complessi ingranaggi della sorte si erano mossi affinché mi potessi togliere questa antica curiosità.
Un pomeriggio, finiti gli interventi alla Conferenza, decisi di incamminarmi verso la Chiesa di Santa Maria della PaceW, nel quartiere Cuba, dove giunsi all’imbrunire. Ricordo che, forse anche a causa dell’ora, ero l’unico visitatore e dopo aver pagato il biglietto e scesi alcuni scalini mi ritrovai in un vasto salone sotterraneo con il soffitto di pietra a volta. Il salone, sviluppato in lunghezza, aveva su entrambi i lati innumerevoli nicchie dalle quali orbite vuote mi fissavano dall’eternità. L’impatto fu forte, quella stanza, come tutte le altre, era piena di scheletri vestiti con gli abiti usati in vita e che, spesso, ne identificavano il lavoro svolto: avvocati, carabinieri, commercianti, ecc. Alcune sale erano a tema come quelle contenenti le piccole bare dei bambini, famosissima è quella di Rosalia Lombardo (1920) che fu imbalsamata con una tecnica particolare grazie alla quale conserva, tutt’ora, lo stesso aspetto posseduto in vita, o quelle dedicate ai monaci stessi e così via.
L’essere solo, il fatto che fosse quasi buio e la compagnia non del tutto allegra mi rendevano un pò ansioso così quando, stando davanti allo scheletro di un nobil uomo vestito con tanto di tuba e bastone, questi si mosse percettibilmente verso di me rischiai il triplo infarto. La gamba dello scheletro si era leggermente mossa verso di me e il pantalone aveva frusciato rumorosamente e mentre tutto ciò accadeva io ero rimasto al mio posto pietrificato dallo spavento. Dopo qualche decina di secondi l’evento soprannaturale trovò facile spiegazione in un gatto nero che aveva eletto quel posto come suo regno e che la mia presenza aveva disturbato facendolo uscire dal suo nascondiglio dietro al corpo.
Quella fu l’ultima cosa che vidi nell’ossario, la mia curiosità era soddisfatta e lo stomaco reclamava il suo tributo di pani ca meusa per cui salutai il gatto (usando parole non del tutto gentili) e mi lasciai dietro scheletri, monaci, zombie e simpatici felini per fare ritorno all’albergo.