Il viaggio per Sanjiang si svolge in modo abbastanza tranquillo e a tarda mattinata arriviamo in una delle sue due stazioni dei pullman. Ovviamente il bus per Longsheng parte dall’altra e così ci dobbiamo spostare a piedi trascinandoci i trolley sotto il sole cocente per andare a prendere il bus successivo. In questa seconda stazione veniamo accolti all’ingresso da simpatiche e cordiali signore che ci aiutano ad orientarci e a capire cosa fare esattamente.
A Longsheng arriviamo nel tardo pomeriggio e appena scesi alla stazione dei pullman – affranti dai vari giorni di viaggio – veniamo avvicinati da una signora cinese della minoranza Xiao Shui Jin (minoranza etnica cattolica dello Yunnan) che ci dice di avere un albergo nelle risaie e che ci può ospitare per 60Y al giorno (meno di 6€).
Accettiamo senza discutere e mentre aspettiamo che il nostro ennesimo bus parta mi aggiro per la stazione dei pullman dove trovo una ragazza danese che viaggia da sola e che mi racconta essere diretta a Ping’an, un’altra località facente sempre parte della zona delle risaie.
Quando realizziamo che forse dovremmo prelevare un pò di contanti – dubitiamo che in una zona rurale come le risaie ci possa essere un bancomat! – è ora di partire e così, con un pò di preoccupazione per le nostre scarse risorse finanziarie, iniziamo l’ultimo tratto di viaggio.
Il viaggio ci offre la possibilità di ammirare le Dragon’s Backbone Rice Terraces (le terrazze della Spina Dorsale del Drago) finchè, ad un certo punto, facciamo sosta a Ping’an dove paghiamo l’ingresso di 50Y a testa alla zona delle risaie. Poco dopo arriviamo finalmente a Dazhai (Longji Rice Terraces, LongSheng) ovvero l’ultimo paese raggiungibile con il bus dove veniamo scaricati alla fine della strada.
Ci troviamo davanti ad un grosso portale di legno e siamo un pò spaesati: non sappiamo ancora bene dove ci troviamo e dove dobbiamo andare. La tizia che abbiamo conosciuto a Longsheng, e che ha fatto il viaggio con noi sul bus, ci dice che la sua casa (quella che il bigliettino da visita identifica come Minority cate & Inn) dista all’incirca 20min a piedi da dove ci troviamo e ci consiglia di pagare dei portatori per farci aiutare con i bagagli. I portatori si rivelano essere delle fragili vecchine che ci vengono vicine con enormi ceste di vimini legate sulla schiena e che incominciano subito ad armeggiare con i nostri pesanti trolley. Discutiamo tra noi che le vecchine non ce la possono fare e mentre cerchiamo una soluzione quelle sono già pronte con le pesanti valigie legate sulla schiena e incominciano la marcia sulla ripida strada di montagna che conduce alla casa della cinese distanziandoci, nonostante il peso, in pochissimo tempo.
Ci inerpichiamo per una lunghissima serie di gradini arrivando, infine, alla casa della tizia: le vecchine sono già lì da un pezzo e ridono di noi ma una volta pagate se ne vanno felici facendosi promettere che quando ce ne dovremo andare le dovremo chiamarle nuovamente. La nostra stanza è di legno grezzo, il bagno ha solo il buco della turca e il telefono della doccia. Il soffitto è un telo che copre le assi di legno e c’è qualcosa o qualcuno che corre incessantemente sopra di esso.
Per la cena ci facciamo prestare una torcia con la quale affrontare la strada che di notte è completamente buia e così arriviamo un pò più a valle dove un tizio ci fa accomodare nel porticato della sua casa – che sorge su uno sperone roccioso che dà sul paese sottostante – e ci prepara da mangiare. La mia cena è improvvisamente interrotta da un fortissimo dolore tipo “doglie pre-parto”, correndo nel buio come un assassino riesco a ritornare a casa (la figlia della nostra ospite mi incontra per le scale e tenta anche di fare conversazione ma io sono costretto a liquidarla velocemente) appena in tempo e una volta “risolto il problema” riesco a ritrovare – con un pò di difficoltà – la casa del tizio e a riprendere la cena.
Quella notte un maestoso temporale ci concilia il sonno e ci addormentiamo con la puzza di gas di un qualche tubo che perde ascoltando i tuoni.
Il giorno successivo saltiamo la colazione perché i soldi sono quasi finiti e calcoliamo che possono appena bastarci per pagare le portatrici e per il bus del ritorno e giriamo per le risaie riempiendoci gli occhi del maestoso e centenario lavoro fatto dall’uomo per modificare la natura. Passiamo varie ore ammirando stupefatti i panorami bellissimi spingendoci fino ad alcuni paesi arroccati sulle colline più alte finché, a tardo pomeriggio, torniamo in albergo dove ci aspettano le portatrici con l’aiuto delle quali torniamo al portale di legno.
Il bus del ritorno è pieno di turisti, ci sono francesi, americani, israeliani, marocchini e accanto a noi si siede un francese – Franck – e due israeliane. Parliamo tra noi – in italiano – lamentandoci del casino che stanno facendo i nuovi arrivati quando a metà viaggio Franck si gira verso di noi e ci parla in italiano. Per fortuna parlando velocemente non ci aveva capito le nostre parole non propriamente lusinghiere e così, quando scopriamo che non ci bastano i soldi per pagare il bus fino a GuillinW, lui ci presta volentieri i 15Y necessari.
Con Franck siamo rimasti in contatto anche una volta ritornati a casa ed è diventato un piacevole amico di penna.